Intruse o incluse? Il cammino delle donne dal 2 giugno 1946

2 giugno 1946

Il 2 giugno 1946 è il giorno di una vittoria: per la prima volta in Italia le donne poterono esercitare il diritto di voto politico.

Già preceduto dalle amministrative del 10 marzo, in cui le donne votarono in alcuni comuni, il 2 giugno è il punto di arrivo di un lungo percorso che ha visto protagoniste le donne di ieri ma che appare lontanissimo dalle strade di quelle di oggi.

Ma è davvero così?

Le donne dovettero adattarsi a un mondo fatto dagli uomini per gli uomini

Emblematica a questo proposito è la dicitura “Vademecum per l’elettore” in Voce repubblicana che titolava:

Le donne si guardino dal lasciare tracce di rossetto

in riferimento alla possibilità che sporcassero la scheda elettorale che doveva essere umettata e incollata, pena l’invalidazione. 

La percentuale delle votanti (89%) fu quasi pari a quella degli uomini (89,2%), mostrando tutta la voglia delle donne di essere ascoltate per sé stesse e non come mogli o madri di qualcuno. Tutta la voglia di sentirsi finalmente rappresentate

Una rappresentanza che 76 anni di storia non sono riusciti a colmare del tutto: 

  • erano 21 su 556, ovvero il 4%, le donne elette alla Costituente
  • sono il 35% i membri del Parlamento di genere femminile.

Insomma, tutt’oggi le donne risultano più intruse che incluse.

Il peso dell’assenza delle donne in politica

Un detto americano recita “se non sei a tavola, sei nel menù“, a ricordare che la presenza è un requisito necessario per promuovere i diritti delle categorie minoritarie. 

La sottorappresentanza femminile ai vertici, quindi, vuol dire ridotta possibilità per le donne di avere voce sulle decisioni.

I motivi di questa assenza prendono per la maggior parte le mosse dalla visione tradizionale dei ruoli di genere.  

Prima tra tutti, la convinzione che la politica sia un affare “per uomini”, dando forma alla separazione degli spazi che vuole lei custode del mondo domestico e lui attore della dimensione pubblica.

In secondo luogo, si considerino i requisiti richiesti a chi fa politica: idealismo, carisma, autorevolezza, visione strategica. Caratteristiche apprezzate in un uomo ma che ancora non si riconoscono o non si accettano in una donna. 

La propensione alla cura attribuita alle donne fa il resto, tanto che anche nella politica la segregazione orizzontale prende la forma della delega (e della relega) ai temi sociali. Prova ne è che in Italia non abbiamo mai avuto una ministra all’Economia.

Non solo in politica

Quelle che abbiamo visto sono tutte motivazioni che le donne che lavorano nel mondo della politica condividono con quelle nelle aziende

Solo il 3% delle imprese italiane ha una CEO e meno del 19% dei ruoli dirigenziali sono ricoperti da donne.

In questo modo non solo si ignorano il valore delle donne e le loro capacità, ma soprattutto si perde la possibilità di avere una visione nuova ed eterogenea sulle questioni e sulle decisioni aziendali.

In 76 anni di storia il cammino dell’Italia verso la rappresentanza femminile si è svolto a passi ancora troppo piccoli. Essere poco presenti nella scena pubblica e politica vuol dire che forse quei tempi, sentiti oggi come tanto lontani, sono in realtà più vicini di quanto pensiamo.

E che, se la Storia insegna, abbiamo ancora molto da imparare e tanta strada da fare.

Buona Festa della Repubblica!

Giorgia Ortu La Barbera

Consigliera di Fiducia per Rai, Sapienza e Greenpeace
Consulente per la Diversity, Equity & Inclusion | Psicologa e Coach | Attivista