Se la violenza è invisibile perché i suoi effetti sono così tangibili?

A quante è successo?

A quale donna non è capitato, almeno una volta, di vedere sminuito il proprio lavoro da battutine sessiste? 

A quante, invece, è capitato di non sapere cosa rispondere e soffrire a causa di ciò? 

E ancora, a quante è successo che un sorriso venisse scambiato per qualcosa di più?

Così da decidere di sorridere di meno, esporsi di meno, non riconoscere il proprio valore fino in fondo e fare fatica ad esprimere il proprio potenziale.

Tutti questi sono esempi di violenza invisibile e sono raffigurati in questa immagine che riprende la teoria dell’iceberg di Amnesty International.

La società, tollera questi atteggiamenti, che d’ora in poi chiameremo con il loro nome: violenze invisibili.

Così facendo le violenze vengono normalizzate, anche se di normale non c’è proprio nulla.

Fonte: immagine Amnesty International,
traduzione Parole di Genere

Fonte: immagine Amnesty International,
traduzione Parole di Genere

La violenza non è normale

  • Non è normale che per fare carriera io, in quanto donna, debba assomigliare all’idea di un particolare tipo di uomo: cisgender, etero, preferibilmente bianco e in salute, senza un grande interesse nel prendere parte alla vita famigliare o alla cura dei figli, ma con la sola ambizione di svilupparsi lavorativamente. Il tutto, se possibile, mettendo al secondo posto la vita privata e perché no, anche se stesso.

 

  • Non è normale dover fingere di non soffrire fisicamente quando, una volta al mese, chi ha un utero è probabile si ritrovi piegatǝ dal dolore per i crampi provocati dalle mestruazioni.

 

  • Non è normale che Il 60% delle donne lavoratrici in Italia abbia uno stipendio inferiore ai 1.500 €, contro il 28% degli uomini – come riporta l’indagine Acli sulle disparità retributive.

 

  • Non è normale che se sono ambiziosa e voglio fare carriera io debba scegliere tra l’avere figli o avere un lavoro che mi soddisfi e contribuisca alla mia realizzazione.

 

  • Non è normale inscenare il mito della madre tutto fare e usare a sproposito il termine multitasking. Di multitasking non c’è proprio nessuno! Ci sono solo delle donne che per condurre una vita il più possibile dignitosa, sono obbligate a farsi in quattro, tra lavoro, famiglia e carichi di cura, faticando a trovare del tempo da dedicare a loro stesse.

 

  • Non è normale che il congedo di paternità in Italia sia pari a 10 giorni, più o meno la durata di una vacanza. Si parla di traguardi raggiunti nella parità di genere ma guardiamo la Finlandia: entrambi i genitori possono usufruire di 160 giorni a testa di retribuiti per accudire i figli. Non è normale che il welfare sia rappresentato dai nonni e non dallo stato.

 

  • Non è normale che quando si parla di femminismo e disparità di genere ci sia chi pensa che non sia affar suo. Davvero non abbiamo ancora capito che dalla creazione di una società inclusiva ne andiamo a beneficiare tuttǝ?

 

  • Non è normale che per essere ritenuta una persona forte io debba alzare la voce o rinunciare alla mia femminilità.

 

  • Non è normale che molti uomini pensino di essere meno virili o temano di essere derisi o incompresi dagli amici se si dicono femministi. Non è normale non avere la consapevolezza sul significato del termine femminismo: ottenere la parità dei diritti per tutte le persone, indipendentemente dal loro genere, nei rapporti civili, economici, giuridici, politici e sociali.

 

  • Non è normale informarsi solo da fonti che assecondano le nostre idee, senza costruire un dialogo cuore a cuore con chi è diverso da noi.

 

  • Non è normale non riconoscere che le violenze invisibili conducono all’invalidazione della persona che abbiamo di fronte, minando così la sua dignità e ostacolando la sua autodeterminazione.

 

  • Non è normale che la parità di genere verrà raggiunta tra più di 130 anni – come riporta il Global Gender Gap Report del World Economic Forum.
 
Non è normale ma purtroppo è la verità.

La violenza è invisibile ma la lotta si sente forte e chiaro

Di normale invece c’è che la lotta per l’autodeterminazione della donna e delle minoranze è tutt’ora in corso e può essere supportata e portata avanti attraverso piccoli gesti quotidiani.

Si può partire, per esempio, dall’uso di un linguaggio più inclusivo. Oppure ancora, dare supporto e mettersi in ascolto, senza giudizio, di chi ha il coraggio e la lucidità di denunciare una violenza.

Piccoli accorgimenti giornalieri, compiuti da un numero sempre più elevato di persone possono produrre sul lungo termine un cambiamento profondo nella società.

Una particolare attenzione va rivolta anche al mondo dell’informazione: è importante esercitarsi a riconoscere l’uso di un linguaggio maschilista sui giornali o sul web e non farselo andare bene. 

Anche questo è un esempio di violenza invisibile. 

Ricordiamo ad esempio, il caso recente di Samantha Cristoforetti, la prima donna europea al comando della Stazione Spaziale Internazionale, che su alcuni giornali è stata appellata solo con il nome, senza cognome. Usare questo tono confidenziale va a sminuire quello che fa la persona di cui parliamo. 

Ma non solo, per per diversi giorni, invece di parlare della sua impresa nello spazio, la stampa si è concentrata suo ruolo di madre che ha lasciato la famiglia a casa. 

Questo sarebbe mai successo a uomo? 

Poniamocela questa domanda e non stanchiamoci di condividere quello che impariamo con chi abbiamo vicino e di informarci in merito a quelli che sono i nostri diritti – possibilmente da fonti diversificate e attendibili.

Usare la propria voce può sembrare un esercizio stancante, ma il silenzio non fa che assecondare questi comportamenti.

Il silenzio è nemico della parità di genere.

Riconoscendo che i tempi cambiano e allenando la capacità di essere flessibili, sarà possibile parlare di sviluppo e di evoluzione della società e quindi del miglioramento delle condizioni non solo di tutte le donne, ma di tutte le persone.

Vanessa Bocchi

Scrivo di disparità di genere, diversità e lavoro. Il mio obiettivo è quello di dare voce alle minoranze.